E’ di pochi giorni fa la notizia di cronaca della discoteca di Corinaldo. Un concerto, o presunto tale (alcuni parlano di djset e la differenza è sostanziale, anche soltanto per l’orario di inizio di uno o dell’altro), durante il quale hanno perso la vita sei persone, cinque minori ed un adulto.
Una serata nuova, non come tante quella del sette dicembre, di quelle serate che si aspettano con ansia e trepidazione. Di quelle serate dove sei disposto ad andare anche “accompagnato” da mamma o papà, non sapendo che sarà proprio uno di loro a morire.
Morire durante un concerto è una tragedia vera, di quelle che segnano la crescita di un ragazzo tanto quanto le menti degli adulti. Come successe al Bataclan di Parigi, forse peggio.
Anche al Bataclan morirono diverse persone ma ci sono delle differenze sostanziali tra i due avvenimenti:
1 l’età dei partecipanti
a Parigi sono tutti (o quasi?) adulti. Andati lì per libera scelta e senza dover chiedere il permesso a nessuno.
2. il terrorismo
forse la differenza più importante. A morire giovani uomini e donne per mano di folli estremisti che con la religione non hanno nulla a che fare (lo dico a scanso di equivoci), ma sono mossi da sentimenti di odio e dolore e pensieri ossessivi e al di fuori della realtà. Insomma, sono il capro espiatorio perfetto al senso di colpa.
3. il genere musicale
al Bataclan suonavano gli Eagles Of Death Metal, Rock duro e metallico. Non Sfera Ebbasta, trapper.
Esiste, a mio avviso, un denominatore comune in queste tre differenze ed è la domanda: di chi è la colpa?
In Francia era facile, gli attentatori c’erano, sono entrati hanno sparato e ucciso. La colpa è loro.
In Italia la colpa di chi è?
Sono in gran parte minori quelli che aspettano l’esibizione di Sfera Ebbasta e, ad un certo punto, sembra che qualcuno spruzzi uno spray urticante in mezzo alla folla. C’erano già stati casi simili in altri concerti (vedi qui), non è la prima volta e di certo i ragazzi che erano la sera del sette dicembre a Corinaldo ne avevano sentito parlare. Proprio a Sfera Ebbasta era già successo e il trapper aveva dal palco ammonito chi si era lasciato andare ad un gesto sconsiderato (qui non voglio indagare come il performer abbia risposto, mi limiterò a dire che non sono d’accordo nel modo, totalmente sbagliato a mio avviso).
Dunque, di chi è la colpa?
Ne ho lette molte in questi giorni, su giornali più o meno titolati, su bacheche di amici e colleghi, alcune discussioni formative ed utili, altre completamente prive di senso di realtà.
In Analisi Transazionale si dice che il contatto con la realtà è da identificare con la capacità della persona di guardare il mondo dallo Stato dell’Io Adulto*. Ebbene, questa riflessione nasce dalla mia volontà di schierarmi e di dire che tra le tante cose che ho trovato, di riflessioni Adulte ne ho lette davvero poche.
In questo caso cinque ragazzi hanno perso la vita, una mamma ha perso la vita e quello di cui si parla e quello su cui si ragiona è un sorvolare politicamente e culturalmente sulla “liquidità” del disagio che circonda adulti e minori. Si preferisce dare la colpa a Satana piuttosto che interrogarsi su quanto sia difficile e a volte impossibile per i genitori stare vicino ai propri figli.
Siamo nel 2018. La società evolve, il mondo va avanti, manca poco all’atterraggio su Marte ma, ancora oggi come moltissimi anni fa, i rapporti tra genitori e figli sono distanti e distanzianti.
Nel caso della musica è prassi riconosciuta che ogni generazione ha la “sua musica”. Prima era il rock, poi la disco, poi il punk, poi il rap e via dicendo. Ad ogni espressione del cambiamento della società corrisponde un cambiamento nei costumi dell’arte e viceversa. Ad ogni nuova musica corrisponde un genitore, con altri valori e altre idee, a cui non sta bene quel tipo di espressione (ritornerò su questo punto alla fine del post).
Perché succede questo?
Ebbene, ciò accade perché è normale.
La società, la cultura, cambia ed evolve col tempo. Le generazioni si susseguono e portano con loro degli stravolgimenti enormi rispetto alle culture precedenti. Eppure, ogni rivoluzione, è guidata dallo stesso spirito: l’adolescenza.
Nessun periodo della vita è più rivoluzionario e reazionario e allo stesso tempo nessun periodo della vita è così pieno di contraddizioni ed è lo specchio cristallino della società degli adulti. In adolescenza i “filtri emotivi” (la capacità di filtrare le emozioni e consegnarle agli altri sotto forma di parole e pensieri razionali**) sono ridotti al minimo, non nulli come nell’infanzia, ma ancora dalle maglie troppo larghe perché possano evitare alle emozioni appunto, di fluire quasi senza freno. La razionalità e, per dirla nei termini AT, le norme mediate dallo SDI G, sono molto in contrasto con l’irrazionalità violenta e senza freni dello SDI B. Dunque, in una società liquida come quella di oggi, dove fortunatamente non esistono le norme rigide del passato (penso a cosa ha comportato, a quanta sofferenza, avere avuto divieti per tante persone in tanti ambiti della vita) sembra si sia deciso di non contemplare nemmeno quella protezione che un “No” detto nel giusto modo può dare. Penso alla politica, dove si dà per scontato che chiunque possa fare quel tipo di lavoro e dove diversi ministri si permettono di dire tutto quello che passa loro per la testa, penso alla televisione dove sembrano incentivarsi comportamenti ridicoli e dove si pubblicizzano programmi che inneggiano alla mediocrità, penso ai social dove chiunque è libero di poter insultare l’altro essere umano senza freno. Insomma, la disgregazione in diverse aree del concetto dello SDI G Protettivo (come lo è in AT) visto non più come la capacità di prendersi cura di sé e dell’altro in modo amorevole e libero ma come la possibilità che per essere protettivi bisogna essere senza controllo e senza freni limitando in questo anche le libertà altrui ha portato, sembra, a un non controllo. Per nulla amorevole nè verso di sé come genitori nè verso i propri figli.
Mentre 50 anni fa chi faceva i genitore sembrava essere convinto che il polso di ferro, quindi il controllo totale, fosse l’unica via per crescere figli rispettosi di una società giusta e per farlo si ricorreva anche a vessazioni fisiche e psicologiche, oggi sembra si tenda a stare sul versante opposto. Sembra si creda che la libertà incondizionata, senza un accompagnamento amorevole, possa essere la soluzione per una vendetta nei confronti di un passato terribile.
Il problema è che il gioco odierno porta agli stessi risultati del passato: distanza e allontanamento, nella ricerca continua di un amore attivo che tuttavia è nutrito solo in superficie da gesti che in realtà sono privi di un significato profondo di vicinanza e comprensione.
Alla tragedia di Corinaldo partecipa e muore una mamma, che era lì per accompagnare. Era lì per stare insieme alla figlia. Ebbene, io su questa mamma ho pensato tanto e sono contento fosse lì. Sono addolorato per la sua morte, non sarebbe dovuto accadere, tuttavia voglio prenderla ad esempio: è stata un genitore vicino, un genitore che non si è negato la possibilità di condividere con sua figlia una musica forse inspiegabile. Magari non sarà così, non voglio qui fare un processo a quella mamma. E’ il mio esempio di come può essere possibile un mondo in cui un genitore si avvicina alle passioni di suo figlio condividendole e sperimentandosi. Se è vero che l’adolescenza è lo specchio dei dolori della società allora se qualche adulto ne condividesse i movimenti forse si riuscirebbe anche a porre un freno a quella dispersione e disgregazione di contenuti che oggi tanto spaventa.
Oltre a questo e, per concludere, la musica: la Trap. Un genere su cui ne sono state dette di tutti i colori. A parer mio non è null’altro che la voce di quella adolescenza, come ampiamente detto, specchio del mondo intorno.
Impossibile darne una definizione unitaria, perché i testi sono disgregati (in gran parte, appaiono senza un significato profondo, senza la possibilità di essere capiti e spiegati. Sono pieni di onomatopee e di suoi, le frasi ridotte all’osso e le regole grammaticali quasi dimenticate. Ed eccola qui la cultura, la società, quasi un nuovo paradigma di personalità: non più soltanto liquida che si spande a macchia d’olio ma che si dissolve nel mare magnum dell’indifferenza e del peso di non esserci se non come macchie, per l’appunto. Come pezzi lontani gli uni dagli altri, che difficilmente si tengono insieme, che pensano ai vestiti, alle firme, alle apparenze per farsi vedere ed amare.
Tutto questo si traduce in un dare per scontato che siccome gli adolescenti sono tali vanno tenuti a distanza e lasciati senza controllo, che se c’è un problema “ma quale potrà mai essere?!” “oggi questi ragazzi hanno tutto. Noi non avevamo nulla e stavamo meglio!”. Quante volte sento dire questa frase.
Così il circolo vizioso del farsi vedere per non essere visto non trova mai fine. Il gioco non si spezza e continua all’infinito tra insoddisfazioni generali e incomprensioni che si trasformano in tragedie.
Parlare ed avvicinarsi ai propri figli, ascoltandoli in quanto tali e non pensandoli come coetanei o estranei.
Condividere con loro passioni e spronandoli a migliorarsi sempre: suonare, cantare, giocare.
“Perdere tempo” nelle loro “stupidaggini” darebbe la possibilità a tutti di avvicinarsi e la vicinanza riduce la sensazione di essere soli e la paura di non essere capiti.
Ognuna di queste ultime parole e frasi racchiude in sè un tema importante, che non può esaurirsi in una semplice pagina di un blog. Il mio intento è quello di aprire un canale di riflessione, una porta per potersi fare delle domande che siano sia dei genitori che dei figli, dei grandi come degli adulti, per iniziare un nuovo dialogo che sia anch’esso liquido, ma che ritrovi unitarietà e che integri la visione di un Adulto che ricorda la sua vita di Adolescente e l’Adolescente che si avvia a diventare un Adulto.
Così, forse, saremo davvero partecipi di una nuova rivoluzione.
* ho parlato della Teoria degli SDI in diversi articoli e pagine del blog, una è questa
** il virgolettato e la definizione sono miei
Il post nasce dopo aver letto un articolo del prof. Ammanniti e dopo una discussione su una bacheca di Fb.
Al questo link le origini della trap