“Se lo penso per un altro io vedo bene le alternative che ha davanti mentre se mi riferisco a me stesso tutto diventa buio e non riesco a vedere più nulla”.
Questa potrebbe sembrare una frase detta da un paziente in terapia, in realtà l’ho detta io proprio oggi. Parlando con una persona di una certa situazione che mi riguarda, mi confrontavo con lei sulle alternative che potenzialmente potevano essere davanti a me ed ero – quasi – disperato perché non ne vedevo nemmeno una. Sentivo un unico pensiero girarmi nella testa e più cercavo di tirarmi fuori da un mare di sabbie mobili più sentivo che andavo a fondo. Avrei dovuto semplicemente fermarmi, non spostare nemmeno un muscolo per evitare di essere inghiottito più in fretta, ma era per me impossibile: ero troppo spaventato dal pensiero di non farcela e mi agitavo sempre più. Mi mettevo in ansia, mi davo addosso e mi dicevo che per me c’era solo una risposta “ma era sbagliata” (semi cit.).
Insomma, ero in un loop irrefrenabile di rimuginazioni e di lamenti e come nel labirinto della mente di Inception scendevo sempre più in profondità per cercare una soluzione che tuttavia non trovavo e oltre a questo mi lamentavo e volevo essere rassicurato e più parlavo più volevo che l’altro fosse dispiaciuto per me e mi dicesse che tutto si sarebbe risolto.
Ad un certo punto, però, la persona che era con me si è arrabbiata, anzi, diciamo che si è stizzita (può succedere quando ci si stanca ed io ero insopportabile anche per me stesso, ve lo posso assicurare) e mi ha elencato una serie di scelte che avrei potuto prendere se avessi deciso di smettere di credere a quell’unica verità come assoluta e mi fossi dato una possibilità per fare qualcosa, anziché parlare lamentandomi e trattenermi dal mettermi in moto. Insomma, non sarebbe finito il mondo se avessi fatto questo o quello.
A quel punto ho avuto come una illuminazione e ho visto apparire davanti a me strade da percorrere, porte da aprire, fiumi da navigare, nuovi mondi da esplorare. L’altra persona aveva fatto ciò che non mi aspettavo, aveva bloccato il mio gancio di rassicurazione e mi aveva messo davanti come fosse normale essere indeciso, un po’ meno normale coprirmi gli occhi. Aveva scoperto il mio gioco*.
Attraverso frasi quali: “non riesco a…”, “cercherò di…” mi mettevo in una posizione di iperadattamento (cioè mi facevo andare bene tutto quello che c’era) in cui svalutavo le opzioni (non posso fare altro) perché non davo reale importanza al problema che mi si era presentato. L’aver interrotto il gioco mi è stato utile perché ho preso consapevolezza dell’importanza che aveva per me il problema e mi sono reso consapevole della mia capacità di risolverlo e di scegliere opzioni realizzabili per me.
La Svalutazione è un meccanismo subdolo e ingannevole attraverso il quale smettiamo di vedere le alternative che abbiamo avanti: chi svaluta crede o agisce come se alcuni aspetti di sé, degli altri o della realtà fossero meno importanti di quello che realmente sono. Di solito tutto questo è portato avanti in modo da perpetuare il proprio copione, mantenere saldo il proprio sistema di riferimento o, ancora, per non alterare la simbiosi** o per giocare dei giochi.
Vedere le opzioni esterne accorgendosi delle transazioni messe in atto è il primo passo per contrastare la svalutazione, al quale ne seguono altri della stessa importanza che accompagnano la persona in un percorso di scoperta di sé fino al prendere atto delle proprie risorse e delle proprie competenze.
Per me ascoltare le parole dell’altro è stato importante e di aiuto, perché la stimolazione che ne è derivata mi ha dato la possibilità di uscire fuori dal gioco in cui ero entrato e ho scelto la soluzione che tanto desideravo. In questo modo ho smesso di agitarmi e ho capito che potevo indirizzare lo sforzo che facevo, per non affondare nelle sabbie mobili, nel prendere e stringere con tutta la forza la corda che mi aveva lanciato la persona al mio fianco così da risalire e tornare a respirare.
* In Analisi Transazionale nella definizione di Berne (1978, p. 55) è: “una serie progressiva di transazioni ulteriori rivolte ad un risultato ben definito e prevedibile”. A differenza del gioco per divertimento è una serie di strategie che gli individui mettono in atto per ottenere le carezze necessarie alla sopravvivenza.
** ”E’ un rapporto in cui due persone si comportano come se fossero una sola persona” (Schiff).
*** Le transazioni sono degli scambi comunicativi tra due persone, lo scambio di uno stimolo e di una risposta fra gli specifici stati dell’Io delle persone coinvolte. Per transazione perciò si indica qualsiasi scambio che avviene tra due o più persone: un dialogo è una serie di transazioni, così come lo può essere uno scambio di gesti affettuosi.
BERNE E. (1979), Ciao…e poi? Bompiani ,Milano.
MELLOR K. SIGMUND, E. (1975), Discouting. Transactional Analysis Journal, 5 (295-302), Premio Berne 1980. Rielaborazione Mastromarino R.
NOVELLINO M. (2001) L’approccio clinico dell’Analisi Transazionale. Franco Angeli, Milano.
SCHIFF J.L. (1980). Analisi transazionale e cura delle psicosi, Astrolabio,Roma.
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(semi cit): ripresa da Corrado Guzzanti, Quelo: Ti chiedi “Come mai?”, ti chiedi “Quasi quasi?”. “Dov’è la risposta?”. La risposta non la devi cercare fuori, la risposta è dentro di te. E però è sbagliata!
Inception, 2010. Di Cristopher Nolan. Prodotto da Warner Bros.