Gli psicologi del territorio aquilano, pescarese e teramano in questi giorni stanno ricevendo la vaccinazione anticovid dalle asl territoriali di appartenenza. Al momento invece i colleghi appartenenti al territorio chietino e quindi alla asl territoriale competente sono ancora in attesa della chiamata nonostante i nominativi di tutti gli psicologi abruzzesi suddivisi per provincia sono stati comunicati già da tempo dall’Ordine Regionale degli Psicologi.
Nei giorni passati si è letto e ascoltato lamentele sulla discriminazione ricevuta dai colleghi aquilani per la somministrazione dei vaccini, precisamente sulla tipologia di vaccini ricevuti. E quindi si è deciso di scrivere per far chiarezza, per quel che si può.
Siamo 3 psicologi del territorio aquilano, iscritti all’Ordine degli psicologi dell’Abruzzo, residenti in due regioni e convocati per la somministrazione dei vaccini, Emanuele Matteo Cerone, Giovanni Pendenza, Giuseppe Scurci. Il 12 aprile, giorno del vaccino di uno di noi, un centro vaccinale del territorio Asl1 Abruzzo, aveva scorte del vaccino Astrazeneca (stesso episodio era accaduto nei giorni precedenti anche nelle altre 2 asl), mentre disponeva di pochissime dosi delle altre 2 tipologie di vaccini, le quali sono state destinate su discrezione del medico a quelle persone che soffrivano di patologie pregresse.
La procedura della vaccinazione è semplice, c’è una fase di accettazione dove si consegnano i moduli e viene indicato il vaccino disponibile, lo step successivo è il colloquio con uno dei medici che ha il compito di procedere alla valutazione anamnestica, se è tutto nella norma si passa alla somministrazione del vaccino effettuata da un infermiere, dopo di che c’è una fase di monitoraggio di possibili effetti collaterali, e per concludere si ritira la certificazione di avvenuta vaccinazione.
Su discrezione del medico che in fase di anamnesi valutava l’idoneità alla somministrazione del vaccino, si è verificato che alcuni psicologi hanno ricevuto la dose di Astrazeneca, altri sono stati temporaneamente resi inidonei alla somministrazione del vaccino, perché il medico valutatore ha deciso di non somministrare il farmaco agli under 60. Questo ha comportato che tali colleghi sono stati reinseriti nella lista per essere chiamati nei giorni successivi per avere un vaccino di un’altra tipologia. Questa differenza tra le idoneità concesse “a chi sì e a chi no” ha generato confusione, la voce si spargeva, e alcuni colleghi in lista dal medico propenso alla somministrazione del vaccino Astrazeneca hanno scelto di opporsi e di essere reinseriti in coda nella lista per essere chiamati nel futuro. Questo è il punto più delicato. Discutendo noi ci chiediamo se sia giusto o meno essere noi a scegliere: capiamo che la paura generata dalla confusione delle indicazioni vaccinali, personali e professionali, produca ulteriori terrori. Che ne sappiamo “scientificamente” quali sono a lungo termine i rischi, i benefici ecc? I “bugiardini” di accompagnamento di tutte le tipologie di vaccino riportano la frase “non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza”.
Noi 3 che scriviamo siamo stati tutti convocati insieme, ma solo 2 di noi hanno ricevuto il vaccino Astrazeneca, uno, su decisione del medico, è stato rimandato di pochi giorni affinchè potesse ricevere un vaccino diverso. Nel giorno di seconda convocazione nel centro vaccinale c’erano scorte di Pfizer ma non degli altri vaccini, e proprio quel giorno è uscito l’articolo di giornale (Vaccini, più effetti collaterali dopo Pfizer (81%) che Astrazeneca (17%): quali sono e perché avvengono (ilmessaggero.it)) in cui si riportava che il vaccino Pfizer era quello con più effetti collaterali in base alle ultime rilevazioni essendo anche quello con più somministrazioni mondiali e quindi più studiato. Che dire? Lasciarsi trasportare dall’ultimo articolo uscito, l’ennesimo che genera confusione? Far polemica perché non si è potuto scegliere un altro vaccino?
O sentirsi un fortunato per aver avuto la vaccinazione? Chi scrive si sente fortunato, a prescindere dal vaccino ricevuto. Ci sono conoscenti che hanno avuto il virus come fosse poco meno di un raffreddore, ma altri che hanno fatto il ricovero, convivendo con le paure, con le angosce. Altri ancora ne sono morti. Ed è drammatico pensare solo un secondo al familiare che resta a convivere con l’angoscia di aver contagiato, con la rabbia di non aver avuto un vaccino per il caro defunto.
Noi siamo sanitari, qualcuno di importante se ne stava dimenticando, ma noi non possiamo lasciare cadere questa verità. Nel giorno in cui scegliamo la facoltà di psicologia, decidiamo che studieremo per anni. Ci abiliteremo alla professione e a curare l’altro. Ma come possiamo curare l’altro se noi non sappiamo essere pazienti? Nel vero senso della parola, anche in quello di aver fede di qualcuno che per mestiere ricerca e produce vaccini e si prende così cura della malattia e della salute. Un paziente che viene da noi ci sceglie, ma un pò di quella scelta è a scatola chiusa. La persona si affida a quell’altro che al pari di un vaccino spaventa perché ha la direzione di un cambiamento, di un riordino che non si capisce bene che impatto avrà nella vita. Quante volte un paziente sembra spaventato dallo star meglio?
Pensiamo ancora alla fortuna di aver avuto il vaccino, tra pochi mesi potremo respirare un pò. Noi aquilani e non solo. Però se proprio si vuole fare un discorso di investimento sui professionisti psicologi lo si faccia per tutti gli iscritti alla regione, tutti abbiamo gli stessi diritti a prescindere dalle province, perché non prendersi a cuore anche il territorio Chietino, dove la ASL tarda a contattare i colleghi? In questi giorni molti stanno chiedendo informazioni e stanno vivendo l’attesa con sempre maggiore angoscia e vissuti di esclusione.
Allora siamo colleghi uniti, basta divisioni che creano solo confusione ulteriore e ci screditano. In fondo, come con i pazienti, è una questione di responsabilità: il collega può rifiutare il vaccino andando incontro alla possibile sospensione, resta ad ognuno il diritto di decidere a quale percorso di prevenzione e cura aderire, lo dobbiamo saper bene proprio noi nel nostro lavoro professionale quando un paziente sta molto male ma non aderisce a un nostro trattamento per cercare una soluzione diversa. Però non è giusto
polemizzare ogni volta all’ingiustizia sociale, se c’è un’ingiustizia è quella per cui ci sono persone fragili che il vaccino ancora non riescono a farlo perché magari a differenza nostra sono poco inserite in un sistema che li tutela. E invece noi sanitari abbiamo avuto la fortuna di essere tutelati perché dobbiamo tutelare i “fragili”.
Non abbiamo scelto, fortunatamente siamo stati scelti.
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Emanuele Matteo Cerone
Giovanni Pendenza
Giuseppe Scurci
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