Ho letto un articolo interessante tempo fa, durante il primo lockdown, ne ho letto un altro questa mattina.
Il primo parlava dell’alta possibilità, dell’alto rischio, che la popolazione italiana corre di “ammalarsi” di disturbi emotivi.
Il secondo di quanto la metà degli italiani in smart working non si sente pronta a tornare in ufficio, per paura di contrarre il virus.
Il primo l’ho condiviso sulla mia bacheca facebook e ho scritto due righe di accompagnamento, con tanto di hastag.
Ho pensato ai salmoni.
Un’associazione spontanea, immediata, come se già avessi dentro quell’identificazione con un essere che si affatica tantissimo per portare a compimento un processo generativo.
I salmoni, risalgono la corrente dei fiumi. Sono fiumi pericolosi, pieni di rapide che spingono indietro i pesci e con in agguato gli orsi che al primo salto tentano di agguantare il succoso pesce.
Insomma, un lavoro difficile quello dei pesci atlantici che per dare la vita vanno incontro alla morte.
Mi torna in mente Emanuele Severino, che nella prefazione al bellissimo libro di Ines Testoni “L’ultima nascita” scrive:
“Il rapporto alla morte non è uno dei tanti che l’uomo si trova a instaurare, ma è l’essenza stessa della vita umana. che è il pericolo supremo da cui ognuno deve i mparare a difendersi.”
Penso ancora di più ai salmoni. Nella loro vita sono spinti da un desiderio, inconsapevole, di generare che è il contrario di morire. Eppure, per generare vanno incontro alla morte. Si sacrificano per date vita a quell’opera d’arte che è la creazione di una nuova vita.
Dunque: “pensare alla morte per dare senso alla vita” come diceva Platone.
In tutto questo ragionare voglio tornare al punto di partenza.
Voglio soffermarmi su quel 50% di persone che soffrirà, al termine di questo periodo di reclusione forzata, di disturbi emotivi e a quel il 55% dei lavoratori in smart working che ha dichiarato di sentirsi isolato e di aver comunicato solo tramite videochiamate ed e-mail.
Ci torno in relazione all’andare verso la morte e verso la vita dei salmoni.
In uno sforzo di interpretazione, anche fantasiosa, oggi mi sento un salmone.
Sto andando con fatica controcorrente, laddove il verso giusto è la voglia di tornare alla normalità.
Mi sto affaticando a superare gli ostacoli di una vita da recluso, ancora una volta.
Quegli orsi pronti ad agguantarmi ad ogni salto per andare un po’ più in là sono le chiusure forzate, i viaggi interrotti, la solitudine della casa.
Così, il buco nero dell’isolamento mi spinge a rendermi ancor più isolato, come se nel nuotare contro il corso della corrente mi lasciassi cadere all’indietro per tornare ad essere un salmone nella vastità dell’oceano.
Ad un tratto, mi sono fatto delle domande:
Come mai i salmoni si spingono fino a risalire tutte quelle correnti?
Come mai vanno verso i loro limiti e fanno in modo di superarli, non sanno che moriranno?
Non sarebbe meglio, per loro, fermarsi e tornare a nuotare normalmente?
Ebbene, non so cosa possa pensare un salmone, quello che so è che è biologicamente determinato a continuare la specie.
Il suo sacrificio, in termini di fatica, di spesa energetica, vale il premio di una nuova generazione di salmoni che nuoteranno liberi fino a che non avranno il bisogno di riprodursi.
Un po’ come mi sento io oggi: il mio spendermi nell’alzarmi dal letto, il mio portarmi avanti a saltare verso l’armadio e vestirmi, il mio procedere verso lo stare a casa forzato, servono al mio desiderio di socialità, di carezze, di abbracci che troverà sfogo una vota finito il periodo che viviamo. Sarò fonte di creatività, intesa come forza generatrice, sarò parte in causa nella creazione di una nuova vita e di una nuova essitenza.
Farlo da solo, però, è un po’ difficile.
In un momento di isolamento, sentirsi soli e farsi soli sono due cose ben distinte. Mi sento solo perché non posso abbracciare le persone a cui voglio bene, mi faccio solo se non mi permetto di trovare modi alternativi per mantenere attivo il mio desiderio di ri-crescita, quindi se non chiedo aiuto se ne ho bisogno, se non faccio squadra, se non mantengo rapporti anche a distanza.
I salmoni risalgono in branco, si guardano e scelgono la direzione.
Mi piace pensare che in certo qual modo si facciano forza e procedano insieme.
Questo, allora, è per me il senso degli articoli: fai come il salmone.
Genera, crea, risali la corrente.
Se non ce la fai, chiedi aiuto. Fatti supportare, non avere paura di avanzare.
Pensa al rischio di una morte che non genera nulla, come se il buco nero dentro il quale navighi non avesse mai una fine ma fosse solo un grande mare, pieno di solitudine.
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qui torvate l’articolo del messaggero
qui trovate l’articolo di wallstreet italia
I. Testoni, L’Ultima nascita – psicologia del morire e Death Education. (2015), Torino, Bollati Boringhieri